lunedì 24 giugno 2013

Giava
Belli riposati, ci rituffiamo sulle caotiche strade indonesiane e raggiungiamo dopo 200 km Wonosobo da dove ci rechiamo sull'Dieng Plateau. Località dai panorami superbi  e unici a Giava. I terrazzamenti sono abbarbicati sui fianchi delle montagne su pendenze per noi impossibili da coltivare e sicuramente il lavoro è duro e quasi insostenibile. Tutto l'altopiano è puntellato da sorgenti geo termiche e sulfuree con laghi dal fango nero che ribolle e che rilasciava vapori a dir poco maleodoranti. Attraverso stradine con pendenze del 20/25 % ci siamo inerpicati tra coltivazioni di patate e ortaggi interrotte da maestose moschee e da templi Indu risalenti al 800 dc. Tutto questo rende veramente unico il paesaggio che ci godiamo fino al tramonto.





Il giorno dopo Yogyakarta ci accoglie con un temporale equatoriale che per due ore rende impossibile qualsiasi spostamento, tranne  per la Manu, che completamente zuppa riesce a trovare una camera decente a pochi passi dal centro. La città è colorata e allegra, ci spostiamo tra le sue stradine con i multicolori risciò e con carrozze a cavalli sempre con il richiamo dei venditori di batik che in questa area sono veramente stupendi e di grande qualità.  Anche la visita al palazzo del Sultano merita una menzione particolare non solo per le sue belle sale ed esposizioni di antichi batik  ma anche perché le centinaia di studenti che lo stavano visitando passavano più tempo a far le foto con noi e con gli altri pochi turisti che alla visita stessa.







Qui in Indonesia è una costante, ovunque andiamo e a qualsiasi ora siamo fermati per essere immortalati in compagnia di famiglie, operai, autisti ecc. ecc. dai loro volti traspare una felicità vera e spontanea che ci contagia e che ci fa sentire un po' divi !!!!!!!!!! I nostri pasti sono quasi sempre consumati per strada su "ristoranti"improvvisati che friggono di tutto: tofu ,zampe di gallina, verdure,quaglie e colombi. Mantenere un'alimentazione sana non è sempre facile ma con il nasi goreng(riso saltato con pollo od altro) cerchiamo di non distruggerci il fegato. Alla sera ci rechiamo a teatro insieme ad una ragazza olandese conosciuta alle Filippine e ritrovata magicamente per strada per assistere ad uno spettacolo di marionette che qui sono intagliate su pelle di bufalo ma dopo 20 min. circa annoiati ci siamo dileguati tra i pochi presenti. Nella nostra calda cameretta preparo il percorso per il giorno successivo che ci porterà a valicare il famoso e temuto Ketep pass.


E' davvero uno spettacolo attraversare il passo tra due vulcani uno dei quali è sempre attivo e il fumo bianco che esce dalla sua bocca ce lo ricorda ogni volta che volgiamo lo sguardo su di esso. La nostra tigre,( questo è il nuovo nome della nostra moto) arranca sui tornanti con super pendenze e io mi esalto a vedere la lancetta del contagiri sugli 8000 e a sentire il ruggito del mono che non perde un colpo. Non essendo un super meccanico faccio fatica a capire come da un motore 125 cc quattro tempi si possa ricavare tanta potenza e coppia pensando che in quinta marcia a 30km all'ora il mono riprende senza zoppicare e poi riesce a darmi potenza fino a raggiungere punte di 100km. Un po' per i paesaggi e un po' perché quando sei motociclista non scenderesti mai dalla moto, a fine serata il parziale segnava 256km di puro godimento solo la schiena e il c..... ci ricordavano la lunga cavalcata ma una doccia e le chiacchiere con i sempre gentili ed affettuosi indonesiani ci rallegravano la serata. Prossima tappa, il super famoso Bromo!!!!!!!!! Questo vulcano è attivo 24/24, 365 giorni all'anno la strada che ci porta in prossimità della vetta è da paura per le sue pendenze ma la tigre non conosce ostacoli e in cima facciamo conoscenza con due motociclisti tedeschi giunti qui direttamente da casa. Sinceramente vedere un tenerè 660 preparato per un viaggio simile mi ha un po' turbato, ma tutto non si può fare e non si può avere e una bella botta sul serbatoio della mia tigre mi ha fatto tornare il sorriso. Per la super Manu è stata la sua prima volta sulla cresta di un vulcano attivo e la sua gioia e l'emozione erano evidenti come la potenza e maestosità di tanta forza della natura. L'altopiano appena sotto la bocca del vulcano mi ha dato la possibilità di sfogare tutti i miei istinti da fuoristradista correndo da solo tra dune di cenere lavica e paesaggi che auguro a tutti di poter vedere. Non riuscivo a fermarmi, correre in piedi sulle pedane con la moto che tentava di sfuggirmi da sotto il c.... era come una droga ma il solito temporale preannunciato da tuoni fortissimi e dal vulcano che fumava sempre di più mi ha fatto tornare alla realtà. Caricata la Manu, con calma e filmando il tutto in corsa tornavamo sui nostri passi scendendo a valle in silenzio ma con il cuore straboccante di felicità.




Il tempo sempre bello ci accompagna ora sulla strada costiera tra Pasuruan e Banyuwangi a nord/est di Giava e il richiamo del mare e del profumo di pesce alla griglia ci "costringono" ad una tappa anche se avevamo percorso solo 100 km. Sabbia nera e barche tipiche con vele coloratissime sono il punto forte di queste zone, pensando al nostro amico Cristiano che è un vero velista saliamo per un giro in barca  spinti da una costante e leggera brezza  che per un ora ci spinge sulle limpide acque costiere.






Tra pochi giorni lasceremo Giava per Bali ma prima ci aspetta forse la più attesa ed emozionate visita ad un vulcano  in questa bella isola cioè il Ijen. Facciamo campo base a Banyuwangi dove finalmente troviamo un hotel economico( 10 euro) degno di questo nome. Gia al nostro arrivo tutti ci chiedono se andremo a visitare il vulcano di notte per ammirare le famose "blu lights". Sinceramente non eravamo a conoscenza di questo fenomeno naturale che vede il gas di zolfo incendiarsi al contatto con l'aria creando uno spettacolo unico al mondo, ma immediatamente ci attrezziamo per l'escursione notturna. La partenza è decisa per le 23 con scorta di cibo e bevande energetiche quantità. Dobbiamo percorrere 45 km in montagna in salita fino a raggiungere la quota di 2000 metri e poi salire a piedi per un sentiero che dire in salita è riduttivo. Il faro della tigre fende la notte illuminata dalla luna piena e dopo due ore ci fermiamo al campo base, indossiamo le torce frontali e cominciamo a salire. Le ombre della vegetazione create dalla  luce lunare quasi rendono inutili le nostre torce e creano sul terreno immagini tipo teatro cinese a volte divertenti e fantascientifiche.








La salita è veramente dura, sono già le 2.30 di notte e la cima del  vulcano sembra ancora lontana. All'improvviso nella penombra vediamo arrivare un uomo con in spalla due cesti di blocchi di zolfo dal peso approssimativo di 70 kg, si ferma, ci chiede una sigaretta e ci dice che il vulcano è a poche centinaia di metri da noi. Quello che vediamo dopo poco solo le foto che vedrete potranno rendere merito e forse far capire l'emozione e lo stupore di essere in un posto del genere di notte. In centro al cono vulcanico si vede un lago e dal fianco del cratere una nuvola di vapori di zolfo si alza in cielo. Alla base di questa nuvola i gas al contatto con l'aria si incendiano diffondendo una luce blu che appare e scompare a seconda da dove il vento spinge i vapori. L'immagine ci sconvolge e pensiamo agli uomini che ci lavorano dentro. Trascorsi i primi minuti senza parole offriamo delle sigarette ad un uomo che si accingeva a scendere con le ceste vuote in quel inferno. Un sorriso appena accennato come ringraziamento e poi l'invito a scendere con lui, proprio sotto il cartello che vietava severamente la discesa a chiunque non fosse un locale. Un secondo per decidere e cominciamo a scendere con lui, ora le nostre torce sono utilissime perché la nuvola di vapori oscura la luna. Il sentiero è pericolosissimo e ripido al limite del possibile,cadere sarebbe veramente un grosso problema ma ormai abbiamo deciso di rischiare. Più volte incrociamo uomini che salgono con le ceste colme di pietre di zolfo e ogni volta ci domandiamo come facciano a salire con 70/80 kg in stalla al buio e con il gas che ti togli il respiro. Più volte siamo costretti a fermarci e ad inginocchiarci perché investiti in pieno dalla nuvola solforosa che non ti permette di respirare e che ti fa bruciare e lacrimare gli occhi. Trenta minuti di discesa e siamo alla base della nuvola, vediamo e sentiamo il respiro del vulcano che a pochi metri da noi erutta lo zolfo. Le luci blu che prima vedevamo piccole ora quasi ci avvolgono, e gli uomini sono li che a picconate spaccano la zolfo ancora caldissimo e lo caricano in spalla ad un altro disgraziato come lui che comincia a salire per uscire dall'inferno, proprio così non ci sono altri termini per definire un posto come questo e io e la super Manu eravamo li, fieri e impauriti a vedere come per pochi euro degli uomini lavorano e rischiano la vita per ingrassare altri uomini avidi che da questo lavoro guadagnano moltissimo. Risaliamo il cratere stanchi sudati e puzzolenti ma ad ogni passo il pensiero era sempre rivolto a loro, gli uomini dello zolfo. Una volta sulla cima aspettiamo l'alba infreddoliti e assonnati, con i primi raggi di sole troviamo le energie per l'altrettanto faticosa discesa, una bella corsa in moto e poi a letto. Ci alziamo alle quattro del pomeriggio e tutti i nostri discorsi sono riferiti all'avventura appena passata ma forse ci vorrà del tempo ancora per realizzare il tutto. Domani andremo a Bali e come sempre l'avventura continua........















giovedì 13 giugno 2013


Viaggio in moto in Indonesia fai da te !!!!!!!!!!!!!!! Ora si comincia, due orette a tavolino per studiare il percorso di uscita dalla megalopoli Jakarta sperando poi, che un senso unico o dei lavori in corso non vanifichino il tutto. Ore sette del mattino caricata la nostra nuova moto Honda ci tuffiamo nel traffico già tumultuoso e seguendo il percorso studiato in 40 minuti circa siamo fuori dal centro. Q uando vediamo il cartello dell'autostrada che indica Bogor cioè la direzione esatta, esultiamo e ci infiliamo a gran velocità nella Free Way. Scopriamo subito, visti i gesti degli automobilisti nei nostri confronti che le moto non possono circolare in autostrada, perciò decidiamo di uscire al primo casello dove troviamo ad aspettarci un nugolo di persone e sei poliziotti che ci sbarrano la strada. Ecco, adesso dovremo pagare una multa e speriamo che i documenti della moto siano a posto, esclama la Manu!!!!!!!! Niente di tutto questo, capito che non eravamo al corrente di questa norma tutto si è risolto con foto di gruppo con i poliziotti che facevano a gara con il cellulare a chi ne scattava di più, grandi sorrisi e pacche sulle spalle. Usciti indenni dal primo errore del viaggio seguiamo le indicazioni dateci dai tutori dell'ordine ed entriamo nella statale. Il traffico ci inghiotte in un sol boccone e non ci molla che solo dopo 120 km di inferno dove si rischia la vita ad ogni metro e le regole bisogna farsele al momento. Pensavo che dopo l'India e il Vietnam niente mi avrebbe più spaventato ma ho dovuto ricredermi in un attimo. Qui ci sono le migliaia di scooter vietnamiti, le macchine del nostro traffico peggiore e i camion e pullman indiani, tutti insieme per un cocktail tanto rumoroso quanto multicolore e fumoso. Alla fini della giornata percorriamo 150km in otto ore e il pensiero di vendere tutto e tornare alle Filippine era presente. Arrivati a Bandung (7 milioni di abitanti) distrutti e con le braccia che mi vibravano , dopo una cenetta frugale dormiamo in un hotel stile comunista con 300 camere. La mia speranza era che il secondo giorno la situazione traffico migliorasse ma capirò subito che ogni speranza sarà vana, d' altronde Giava è l'isola più popolata del mondo e noi per complicarci la vita decidiamo di seguire strade secondarie compiendo così il secondo errore del viaggio appena iniziato. La nostra meta doveva essere Pangandaran ma una volta usciti dalla strada principale a Tasky Malaya, dopo 100 km il fondo stradale cominciava ad assomigliare ad una strada di campagna. Proseguiamo per altri 40 km ma a Cikalomas a solo 60 km dalla meta, il buio e la pioggia ci facevano desistere e fermare in questo paesino sconosciuto dove per fortuna una famiglia affittava delle camere perciò ci è andata di c...... e alla festa del paese ci sfamavamo sempre attorniati dai paesani gentilissimi come sempre. Durante la notte veniamo svegliati dalla pioggia che sembrava volesse sfondare il tetto e di conseguenza il mattino seguente tutto era allagato, compresa la strada che dovevamo percorrere. Rassicuro la Manu , dicendole che in effetti erano solo 60 km da percorrere ma in cuor mio sapevo che non sarebbe stata una passeggiata.Trovare aggettivi per definire la strada è impossibile, praticamente una pista da cross con buche enormi piene d'acqua profonda fino a 50 cm, pietre taglienti e comunque c'erano macchine pullman e camion a volontà. A rendere ancora più vera l'avventura il nostro portapacchi ha ceduto per ben due volte con conseguenti soste per togliere i bagagli e per reperire chi eseguisse la saldatura. Comunque siamo in Indonesia, questo vuol dire che un signore dopo che io ho smontato il portapacchi mi ha accompagnato con la sua moto dal fabbro e mi ha anche pagato il conto. Che dire? Alle 14 dopo solo 6 ore di viaggio (60 km) finalmente troviamo la civiltà a Pangandaran, bella cittadina famosa per la sua riserva naturale e per le enormi onde che attirano molti surfisti da oltre oceano. Qui ci rilassiamo in una accogliente camera con terrazzino vicinissima alla spiaggia, mangiamo dell'ottimo pesce fresco e visitiamo la riserva con le sue scimmie maleducate e ladre

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cervi, lemuri, porcospini ecc.ecc. Il divertimento più grande è surfare sulle onde giganti e vedere la Manu farsi portare dalle onde come avesse  sempre praticato questo sport. Trovo anche il tempo per rinforzare in maniera spero definitiva il portapacchi sostituire gli ammortizzatori scoppiati sulla maledetta strada del giorno prima, fare un controllo generale alla moto che devo dire si è comportata in maniera egregia, calcolando che è una 125 cc del 2004 e che sul groppone aveva quasi 200 kg.Abbiamo percorso buche piene d'acqua che arrivava quasi al filtro dell'aria, sempre con il gas aperto ma lei non ha mai perso un colpo. Oggi 12 giugno è il compleanno della Super Manu che facendo un piccolo resoconto degli ultimi 4/5 anni, asserisce di essere molto fortunata sopratutto pensando che nel 2009 era in un letto d'ospedale (dopo un incidente in moto) dove la morte poteva portarsela via ad ogni istante causa una emorragia interna ed ora è qui con suo marito che la adora sognando ancora nuove avventura sempre comunque in moto. Auguroni amore mio






mercoledì 5 giugno 2013

Nuova isola e nuova avventura, a Mindoro è tutto diverso. La popolazione è in gran parte ancora quella originale e si nota subito la diversità di colore della pelle più scura e dei tratti somatici molto simili agli aborigeni australiani. La strada che decidiamo di percorrere segue la costa est dell'isola ed è punteggiata da villaggi di case di paglia  caratterizzati da una vita rurale quasi ancestrale. Come sempre, ma qui ancora di più, i festanti abitanti ad ogni nostra sosta ci circondano per venderci qualche manufatto in bambù di pregiata fattura ma che noi purtroppo non possiamo acquistare causa problema bagagli. I mezzi che incontriamo sono rari e super datati, quasi tutti i locali, sopratutto i bambini, percorrono molti km per portare a casa l'acqua che trasportano su taniche caricate su carretti di legno che hanno per ruote dei cuscinetti a sfere.


La nostra meta è una piccola isola di nome Apo reff per fare immersioni ma quando ci informiamo presso l'unico ufficio che organizza le costose escursioni ci viene detto che non sono riusciti a raggiungere il numero minimo di 6 persone perciò tutto sarebbe stato posticipato di una settimana. Che sfiga!!!!!! Non ci rimaneva che girare per la bella cittadina costiera per ripartire il giorno dopo per Puerto Galera sempre a nord di Mindoro. Pur avendo letto con attenzione la nostra guida in inglese ci accorgiamo che dopo 120km la strada finiva ad Abra De Lios
e l'unico modo per raggiungere Puerto Galera era quella di prendere un traghetto che ci portava su  un'altra isola e poi cambiarlo e raggiungere la meta. Alla fine abbiamo passato la giornata in traghetto e sui porti a sbrigare pratiche di imbarco ogni volta diverse e incasinate.
Forse il nostro inglese dovrà migliorare ancora un po'. A Puerto Galera ritroviamo il turismo da discoteca e le belle filippine che di notte  sono particolarmente gentili e disponibili. alloggiamo in un piccolo resort con una strada da percorrere in prima marcia ma è un posto tranquillo e sopratutto troviamo da vendere la nostra moto. Al solo tentativo di affiggere il cartello con il prezzo in tre secondi si sono presentate più persone disposte a comperarla alla cifra di 10.000 pesos. Alla fine l'ha spuntata il proprietario del nostro resort che soddisfattissimo non ha neanche voluto provarla. Così noi abbiamo usato fino all'ultimo giorno la nostra Rossa (totale 40 giorni) e abbiamo guadagnato 20 euro!!!!!!!!!!!

L'australiano ci ha anche affittato tutta l'attrezzatura sub e così abbiamo fatto due entusiasmanti immersioni da soli liberi anche sott'acqua come in terra circondati da tartarughe e da pesci  coloratissimi senza l'obbligo di seguire nessuno o aspettare qualche ritardatario solo orizzontandoci con la bussola e un po di fortuna. Ormai il tempo stava scadendo, passiamo le ultime serate a cena da Giulio che nel suo ristorante italiano che ci delizia con la sua simpatia e con pizze e paste da ricordare per molto tempo. Ora manca proprio poco, è il 31 di maggio e dopo l'ennesimo trasferimento in barca e poi in pullman arriviamo all'aeroporto di Manila, siamo pronti per l'Indonesia e mentre attendiamo l'imbarco che avviene con due ore di ritardo ripercorriamo i nostri due mesi nelle Filippine, la manu dice con voce commossa, e no mi voi o tornar su sto' paradiso tutto troppo beo!!!!!!! e Gino risponde, calma amore, semo drio andar in Indonesia no a lavorar!!!!!!! La voce dal microfono ci invita all'imbarco, ci giriamo, e salutiamo le Filippine in silenzio, colmi di gioia di una nuova avventura che va ad iniziare. Accumuliamo ancora ritardo,perciò dopo 4 ore di volo tranquillo, alle 2 di notte atterriamo nell'ormai deserto aeroporto di Jakarta. Paghiamo 25 dollari per il visto che durerà 30 giorni e in pochi minuti siamo in regola. Il nostro taxi sfreccia veloce su belle strade illuminate, troviamo un albergo decente e il sonno ci assale. Il risveglio in una città di 12 milioni di abitanti, ma sembrano 50 è a dir poco traumatico,tutto scorre freneticamente lo smog è come la nebbia dalle nostre parti perciò si può tagliare con il coltello, tutto sembra girare al doppio della velocità normale, e noi dobbiamo resettare tutti i nostri ritmi.

Dobbiamo sbrigare subito 3 cose: far riparare il pc trovare una moto da comperare e fare l'estensione del visto per altri 30 giorni. Qui i centri commerciali dove trovare l'assistenza Apple sono come delle città nelle città, ma fortunatamente al primo contatto ci viene detto che in tre giorni e 350 euro il nostro pc sarà come nuovo. Qui in ogni zona c'è il proprio ufficio immigrazione e perciò se sei alloggiato a sud devi andare solo nell'ufficio di preposto(scoperta fatta dopo aver sbagliato zona) spostarsi da una zona all'altra è come andare da Venezia a Treviso!!!!!! negli uffici non ti fanno entrare se non hai i pantaloni lunghi, la camicia o maglietta e le scarpe coperte, siamo in un paese mussulmano e perciò devi adattarti. Passiamo da un ufficio all'altro trovando sempre persone gentili e dopo due ore ci viene detto di passare il giorno dopo per il ritiro. Trovare la moto ci è sembrato un'operazione impossibile non capivo come in una megalopoli non si trovava un concessionario degno di tale nome quando si vedevano passare sciami di moto e scooter ad ogni angolo.
 Dopo svariati tentativi e due giorni a girare con tutti i mezzi possibili  per la città,  deluso, perdevo ogni speranza di  trovare la tanto agognata nuova compagna di avventura ma grazie al mio intuito e una dose esagerata di fortuna comperiamo per strada(qui le moto si vendono anche sui marciapiedi) una bellissima Honda 125 del 2004 in buone condizioni per 600 euro.
Domani 6 giugno andremo a ritirarla  e con tutti i documenti in regola saremo pronti per andare alla scoperta di tante bellezze e sorprese